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Ivan Di Noia
Monologo – Teatro CIVILE 60 minuti |
breve trama
“… il fenomeno mafioso non è comune… non è la solita criminalità… perché la solita criminalità, la polizia se ne intende, la combatte bene. Il fenomeno mafioso è qualcosa di più importante della criminalità: è la criminalità più l’intelligenza e più l’omertà: è una cosa ben diversa.” Tommaso Buscetta
Omertà è un racconto, un viaggio attraverso l’intreccio di storie così incredibili da non poter sembrare vere, pur essendolo: Giovanni Falcone, un giudice di Palermo ha, come obiettivo di vita, colpire il cuore, l’onore e le tasche di chi da decenni, ormai, tiene sotto scacco la Sicilia e l’Italia intera. Dalle indagini, riesce a mettersi in contatto con Tommaso Buscetta, il boss dei due mondi, catturato in Brasile e facente parte della Mafia perdente, che chiede di poter parlare proprio con il giudice: Vuole vendicare la morte dei suoi familiari, uccisi in una serie di vendette “trasversali”, parlando: raccontando tutto: cos’è la Mafia, come si sviluppa, chi sono i Capi, quanti sono i mafiosi in Sicilia… Buscetta conferma i delitti, la configurazione e governo di “Cosa Nostra”, i rapporti tra loro e lo Stato, la politica e gli enti pubblici… Permette a Falcone e al Pool Antimafia di poter istruire il Maxiprocesso alla Mafia.
19 ergastoli, 342 condanne e 2665 anni di carcere. Il più grande processo penale mai celebrato al mondo.
Non ci sono solo i buoni, in questa storia: appaiono e si fanno sentire in tutta la loro crudeltà, anche i cattivi… Michele Greco, detto il Papa, ad esempio, con le sue dichiarazioni e auguri di pace che rivolge alla Corte… Totò Riina con la sua “fame” di arrivare, di comandare, di combattere tutti coloro che tentano di fermare la sua ascesa…
Quella del 1992 – 1993 era una Mafia stragista, evidente, tangibile e devastante. Ma la Mafia esiste dall’800 e tutt’ora fa affari, si insinua nella società e continua a fare grossi introiti. Sa stare al passo con i tempi. Non è più la Mafia della Coppola e della lupara, ma è quella delle valigette 24 ore e della giacca e cravatta. Non è solo in Sicilia, Calabria, Campania, ma si è ramificata nella “mentalità” umana.
E’ un viaggio emozionante ed emozionato di 4 vite, di 4 personaggi, che affrontano, percorrono e sviluppano la loro esistenza nella quale il confine dall’essere vittime o carnefici è molto sottile.
“Per lungo tempo si sono confuse la Mafia e la mentalità mafiosa, la Mafia come organizzazione illegale e la Mafia come semplice modo di essere. Quale errore! Si può benissimo avere una mentalità mafiosa senza essere un criminale…”
Giovanni Falcone
GALLERY
video intervento al SENATO
rassegna stampa
RASSEGNA STAMPA – OMERTÀ
Un buon lavoro lo spettacolo “Omertà, Capaci, 23 maggio 1992”, produzione di Barabao Teatro in scena all’Auditorium di Noventa Padovana il 18.11.2017, non solo quale strumento di testimonianza/documentazione di uno dei capitoli più neri della nostra storia, ma anche sul piano interpretativo e di regia, capace di restituire spessore teatrale, con tutta la ricchezza linguistica che il teatro sa e può offrire, alternativa ad un testo monologante “più facile” come spesso succede quando un attore è solo in scena.
In realtà Ivan Di Noia non sembra mai solo e l’interpretazione dei diversi personaggi, sostenuti ed affrontati nei reciproci diversi punti di vista, dà agli spettatori l’impressione di un cast completo all’opera, non solo grazie alla precisione interpretativa e al ritmo dello spettacolo, ma anche alle invenzioni di regia di Romina Ranzato che con pochi tratti salienti (bellissimo l’utilizzo degli oggetti/simbolo) riesce a dare la netta percezione di un tutto variegato e dialogante.
Il Pool Antimafia da un lato, rappresentato nei tratti essenziali dalla figura di Giovanni Falcone, spesso in dialogo con Paolo Borsellino e la mafia dall’altro, rappresentata in particolare dalle due figure di spicco della “cupola”: Michele Greco e Totò Riina assumono le connotazioni di una partita di calcio, spietata e avvincente, fino ad arrivare, con la fondamentale testimonianza di Tommaso Buscetta, a quel maxiprocesso alla mafia che portò a 19 ergastoli, 342 condanne e 2665 anni di carcere, capace di scatenare per vendetta la nota strage di Capaci, nella quale morì Giovanni Falcone.
Uno spettacolo di teatro civile, disponibile anche per le scuole, recentemente rappresentato in Senato alla presenza del Presidente Pietro Grasso e che Ivan Di Noia spiega essere stato un suo progetto fin dall’adolescenza, quando ignaro e solo tredicenne apprendeva dai notiziari televisivi della strage di Capaci.
Numerose le domande del pubblico all’attore dopo lo spettacolo.
Emanuela Dal Pozzo
La guerra vinta dal giudice Falcone in uno spettacolo memorabile
Debutta a Padova una splendida rivisitazione della durissima battaglia, combattuta a Palermo, fra i giudici di buona volontà e le cosche mafiose che tiranneggiano la Sicilia e l’Italia intera. È il maxiprocesso alla mafia, il più grande processo penale mai celebrato al mondo, che la compagnia teatrale Barabao ricompone pezzo su pezzo, in un disegno chiaro, struggente, emozionante, unico. Ma soprattutto vivo.
In uno splendido intrecciarsi di emozioni, con una platea silenziosa e immobile, l’attore Ivan Di Noia, si finge il super testimone Tommaso Buscetta, con tanto di inflessione siciliana; disegna in poche battute la mafia vecchia e quella nuova. Si sente l’unico “uomo d’onore” rimasto in circolazione. Ma Falcone lo convince che – testimoniando al processo – perderà il suo status di “uomo d’onore” e diverrà soltanto “un uomo” e “mi creda, Buscetta, sarà la cosa più difficile”.
Nella prestigiosa sala teatrale di via Altinate, che fino a pochi anni fa era l’aula bunker del Tribunale di Padova, debutta il più bello spettacolo teatrale mai ideato sulla guerra alla mafia; prende forma la battaglia vinta del maxiprocesso, conclusosi nell’aula bunker di Palermo, il 16 dicembre 1987. Furono giudicati 460 imputati, furono comminati 2665 anni di reclusione e 19 ergastoli, per assassini, trafficanti di droga e di morte, persone abituate a comandare in ogni campo, abituate a trincerarsi dietro la maschera demoniaca dell’‘uomo d’onore’. Una maschera di morte, in verità, che continua a ghignare e a seminare orrore: per i tanti giovani mortificati dalla droga, per le donne sfruttate sulle strade, per gli innocenti avvelenati dai rifiuti, per la paura di chi vuole reagire, per la vendetta su chi deve morire solo per il cognome che porta. Ma il 16 dicembre 1987 la mafia perde. E perde di brutto.
Il palcoscenico si riempie d’un tratto di attori. Ma ce n’è solo uno: Ivan Di Noia. Dà vita a tutti i personaggi, flette tutte le voci, interpreta tutti gli interessi in gioco. Passa dal siciliano di Riina, all’italiano, dalla voce ferma dei giusti, a quella spietata di Michele Greco. Si cambia di continuo la giacca. Così prendono forma quattro protagonisti Giovanni Falcone, Tommaso Buscetta, Michele Greco, Totò Riina; ma rivivono anche gli altri: Ninì Cassarà, Antonino Caponnetto, Giuseppe Montana, Paolo Borsellino. Sfilano i noti e gli ignoti. Sullo sfondo del palcoscenico si muove lo Stato, nella sua doppia veste di chi lo sa servire, e di chi lo umilia con il compromesso.
La strage di Capaci viene rappresentata solo con Totò Riina che grida e che butta all’aria le carte di Falcone, mettendo il palco a soqquadro. In quella strage perdono la vita, oltre al giudice: Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Saltano in aria, ma sopravvivono: Paolo Capuzza, Gaspare Cervello, Giuseppe Costanza e Angelo Corbo.
Una ricostruzione impareggiabile, quella di “Omertà. Capaci, 23 maggio 1992”, proposta dal teatro Barabao, per la regia di Romina Ranzato, con l’organizzazione di Micaela Grasso, coordinatrice di Teatro Ragazzi Calendoli, con il patrocinio del Comune di Padova e della Fondazione Antonino Caponnetto.
Gli applausi sono per Ivan che ha recitato i quattro protagonisti e tutte le comparse. Gli applausi sono anche per il giudice Falcone, che si presenta al pubblico con la giacca chiara, come appare nell’immagine di copertina.
Le due aule bunker si stringono nel ricordo, che è in verità più di un ricordo, l’aula bunker del Nord ci racconta l’aula bunker del Sud. Una grande soddisfazione, perché l’Italia è una soltanto, anche se diversa.
Resta la grande emozione di una storia vera, terribile, raccontata a chi ieri l’ha vissuta, raccontata a chi è troppo giovane per conoscere. Padova è diventata ieri la capitale della lunga storia degli uomini liberi: di coloro che non possono fermarsi, perché testimoniano “con disciplina e onore” come impone la Costituzione, il loro servizio allo Stato.
Francesca Vian
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